domenica 24 luglio 2011

"Il risveglio".

Il telefono suona e mi sveglia da un sogno che ora non ricordo: è mia madre che mi chiede se va tutto bene.
Le dico di si e riattacco velocemente perché un brivido di freddo mi percorre la schiena, forti strizzoni mi destabilizzano e mi fanno muovere sul letto come un epilettico.
Mi torna in mente il sogno che ho fatto. Ieri sera, dopo tanto tempo, ho rincontrato la sorella di un mio amico e stanotte l'ho sognata che era diventata un vampiro e poi mi uccideva.
Ricordo i suoi occhi vermigli e bramosi del mio sangue, la sua debole figura da donna stanca e slavata che mordeva il mio collo bello lardoso.

Mi alzo, barcollo e tutto gira attorno a me.
Sembro il re.
Si, in un mondo di trottole.
Oppure uno yoyo impazzito nelle mani di un mago con le costole rotte
mentre si piega su se stesso
e non urla il suo tormento.

Sono anche incapace di camminare normalmente.
Sembro un ubriaco che è ad un passo dal coma etilico.

Mi giro rantolando e mi sento in bilico su un grattacielo,
sotto di me c'è il nero,
quello dei capelli tinti di mio zio Carmelo.
Ha i capelli che sembra un camorrista mio zio Carmelo.

Dondolo, oscillo, ho il busto in avanti, poi mi abbraccio il ventre perché sembra che tante bocche me lo stiano mangiando, chiudo gli occhi e sputo aria marcia dalla mia bocca asciutta.
È un fiato malato, da persona che sta marcendo all'interno.
Mi appoggio alla porta del bagno, la apro con irruenza.

C'è odore di candeggina e devo vomitare.
Sembra di essere al mare,
col mare in tempesta,
o di annusare i piedi di un adolescente dopo che è stato ad una festa.

Non resisto e vomito, imbratto il lavandino,
squilla nuovamente il cellulare e penso che è sul comodino.

Sbatto il mignolo del piede destro all'angolo del box doccia.

Ho la conferma che oggi è un giorno dannato,
di quelli da pensare che se non fossi nato c'avrei guadagnato.

Troppo pessimismo, eccessivo dire.
Ma quando sto male non ci sono con la testa.

Mi siedo sul gelido cesso, il cellulare continua a squillare, osservo le mattonelle bianche e piatte.
Mi viene in mente la sorella del mio amico, quella del sogno e che ieri sera ho incontrato,
è bianca e piatta come una di quelle mattonelle.
A giugno del prossimo anno, la sorella del mio amico, si sposerà.
Mi chiedo come si possa dividere il letto con un fantasma come lei.
É l'amore coi suoi misteri: rende ciechi e sorvola le apparenze.

Mi sento male, lacrimano i miei occhi assonnati.
Poi, mi sento finalmente liberato da un fardello pesantissimo
quando dal mio culo zampilla gelato color nocciola e pistacchio.

Faccio un forte respiro a pieni polmoni,
non per sentire l'olezzo che dal basso sale verso l'alto e impregna le pareti,
ma semplicemente per tranquillizzarmi e fare il primo respiro buono della giornata.

Mi sento un po' meglio.
Riacquisto lucidità.
Poi realizzo.

Quei negroni, l'impepata di cozze, il vino bianco, le birre, il kebab delle tre, la Ceres delle tre e cinque, in quel maledetto sabato sera tra amici, sono la causa di tutto.

Mi guardo allo specchio e mi sento un coglione, ho il viso più bianco della sorella-vampiro del mio amico.
C'è poco da fare, esco di rado e quando esco mi lascio troppo andare.

Tutti che mi dicono di uscire di casa e dimenticarmi per un po' i miei racconti, sono uscito e mi sono divertito, lo ammetto.

Mi faccio una doccia e spero che il dolore di oggi, sia soltanto fisico.